Pensieri da Barcellona: un pugno nello stomaco

Mi sono resa conto solo pochi giorni fa che da quando sono a Barcellona, in tutti questi giorni, io non mi sia sentita sola nemmeno per un attimo. Mai.

E mi sono resa conto solo ieri che appena arrivata non conoscevo nessuno. Me ne rendo conto solo ora perché non ci ho mai fatto caso.

Strano no?
Questo non mi ha mai fatto paura, al contrario.

Sono partita senza l’esigenza di dover conoscere persone a tutti i costi. Non ne ho mai sentito il bisogno. Mai. Non me ne è mai fregato niente.

Ed è strano, stranissimo, pensare come le persone che ho conosciuto durante il mio cammino, nel modo più naturale e spontaneo possibile, fino a qualche settimana fa non avevo la minima idea di chi fossero.





Talvolta si piomba nella vita di qualcuno senza accorgercene. Talvolta qualcuno, con una frase o la condivisione di un’esperienza, ci cambia. O ci fa aprire gli occhi. O ci dona coraggio. Qualcuno che fino a poche settimane fa non sapevi nemmeno chi fosse e che cosa facesse durante il giorno.

Affacciamoci alla finestra. Quanti incontri ci aspettano?

Mi sono così chiusa in me stessa in questo ultimo anno, che venire qui è stato ed è tuttora come respirare un’aria nuova ma che ho sempre saputo ci fosse.

Un’ aria diversa ma conosciuta.

Capire che il mondo va avanti. Che è velocissimo. Che è bellissimo.

Amo Barcellona perché posso viverla in piena solitudine e stare comunque bene, ma allo stesso tempo è una città che unisce le persone con una facilità che difficilmente ho riscontrato altrove.



I primi tempi avevo una sorta di tabella di marcia. Dovevo fare questo, questo e quest’altro. Poi mi sono persa. Completamente.

Il mio mondo prestabilito, venuto con me da Firenze, mi ha piano piano abbandonata.
Avevo mille ansie perché mi rendevo conto di non star facendo niente di tutto quello che mi ero programmata. Niente.

Ho smesso di scrivere. Ho smesso di pianificare. 
È stato tutto così naturale che mentre me ne accorgevo non facevo niente per cambiare lo stato delle cose. 
Come quando vedi due macchine schiantarsi. Le vedi ma sai che non puoi fare nulla. E continui a guardarle finchè non fanno il botto.

Da casa mi chiedevano se ero stata in quel posto di cui tanto parlavo. No. Non ci sono stata. Panico. Ma poi mi sono fermata a riflettere. Perché non ci vado domani in quel posto? Perché preferisco fare altro? Che cosa sto facendo?

Io sto vivendo questa città. E lei mi sta cambiando. Lei mi sta donando un equilibrio che io forse mai ho avuto prima. Svegliarsi al mattino mandando a fanculo i programmi senza nemmeno accorgermene è stato il dono più sorprendente che questa città mi ha fatto.

Riuscire a trovare una dimensione così diversa da quella che mi ero immaginata. 

Essere così felice di essere in un posto. Di essere qui. Sentirsi dentro un equilibrio perfetto. Quante volte vi è capitato?

A me forse una. Quando ero bambina.

E poi eccola lì. La partenza. La vedo. È lì che mi aspetta. Mi guarda da lontano e mi sorride, sa che sta arrivando. Vuole scombinarmi di nuovo. Vuole prendermi.

Due notti fa ho pensato. Ma se io non tornassi più?

Se io strappassi il biglietto di ritorno?

Che cosa succederebbe?

Sarebbe una pazzia.

Sarebbe un fuoco d’artificio. 
Un fuoco d’artificio colorato e luminoso che rimbomberebbe per giorni e giorni. E poi cosa succederebbe?


Non lo so. Ma vorrei tanto vedere quel fuoco d’artificio.


Carlotta


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